Il ricercatore Ruggero Vigliaturo negli Stati Uniti per un progetto milionario di ricerca sull'amianto

Il gruppo di cui fa parte, presso l'università della Pennsylvania, vuole ovviare al problema delle discariche e dello smaltimento del rifiuto finale

CASALE MONFERRATO

Il ricercatore trinese Ruggero Vigliaturo – che a settembre aveva organizzato il 'Falling Walls Labs' all'istituto 'Sobrero' – è volato negli Stati Uniti un mese fa per lavorare all’Università della Pennsylvania (Ivy League) su un progetto di largo respiro che coinvolge l’area medica, il riciclo, l’ambiente e la prevenzione volte al risolvere i problemi legati al tema amianto.

“Grazie alle capacità apprese presso l’Istituto Nazionale di Chimica di Ljubljana con cui ho lavorato per un anno tramite un Global Grant promosso dal Rotary di Casale Monferrato e Torino Lamarmora, sono stato chiamato alla UPenn come specialista in microscopia e mineralogia. Non potrò mai ringraziare abbastanza il Rotary per avermi dato la possibilità di sviluppare in libertà i miei progetti e le tecniche strumentali necessarie a fare un salto di qualità del genere”.

Il progetto milionario risponde alle preoccupazioni della popolazione rispetto ai rifiuti contenenti amianto e alle possibili esposizioni all’amianto naturale, dedicandosi specificatamente ad un caso comparabile a molte situazioni italiane, ma la cui soluzione avrà ricadute su tutte le comunità con problemi simili, dando sia risultati in termini medici, che ambientali.

“Penso che il pregio principale di questo tipo di fondo sia la possibilità di sviluppare campi diversi in sinergia. Una delle differenze che ho notato rispetto ai progetti a cui sono abituato, è che si è partito veramente da un problema focalizzato su una comunità, si sono messe insieme delle squadre interdisciplinari e si è potuto ottenere un enorme finanziamento governativo.”

Il gruppo di cui Vigliaturo fa parte vuole esplorare un metodo per trasformare il rifiuto amianto in un materiale non più nocivo ed addirittura riutilizzabile come materiale secondario.

“Il mio ruolo è quello di seguire a scala nanometrica le trasformazioni delle fibre, indotte da particolari batteri, per essere sicuri di distruggerle del tutto e avere un materiale che non contenga assolutamente amianto. È molto simile a quello che ho fatto fino ad oggi per capire come l’amianto si trasforma all’interno delle cellule umane, pensando a strategie per disattivarlo”.

Questo processo, creando un materiale libero dall’asbesto, andrà anche a risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti contenenti amianto, abbattendone anche vertiginosamente i costi.

“Negli ultimi anni lo sforzo della comunità scientifica per lo studio delle malattie legate all’amianto ha permesso grandi risultati, c’è stato un miglioramento nei risultati dei trattamenti, nella comprensione dei reali meccanismi della genetica dietro al mesotelioma e anche del ruolo delle diverse fibre di amianto. In quest’ultimo aspetto la comunità mineralogica italiana, può dirsi leader a livello mondiale, grazie anche all’apertura al dialogo con biologi e medici, che sta diventando sempre più intenso ed articolato”.

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