Tancredi d'Altavilla e i suoi legami con il Monferrato

Prosegue il viaggio della nostra rubrica storica Patria Montisferrati dedicata alle Crociate come raccontate dagli storici locali

CASALE MONFERRATO

(Un dipinto raffigurante l'assedio d'Antiochia)

Boemondo d'Altavilla era un principe normanno del Meridione d'Italia, non un franco, e non l'ho citato a caso, in quanto in questa parte di queste brevi divagazioni mi riferirò al famoso crociato Tancredi d'Altavilla, divenuto celebre per le sue imprese belliche, riportate nella biografia del cronista Radulfo di Caen che era al seguito di Boemondo e Tancredi durante la I crociata, ma soprattutto a livello letterario grazie alla “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso.

Tancredi era nipote di Boemondo e lo seguì nell'impresa in Terra Santa coprendosi di gloria; divenne fin da subito, per diritto di conquista, principe di Galilea e signore di Tiberiade e di Caifa (rispettivamente il principale feudo vassallo del Regno di Gerusalemme e la sua principale città e il suo porto più importante),poi successivamente divenne reggente del principato d'Antiochia negli anni in cui lo zio Boemondo rimase prigioniero dei turcomanni, e divenne pure reggente della grande contea di Edessa (il primo regno latino a costituirsi ma anche il più difficile da presidiare),si impossessò anche della famosa fortezza nota come Krak dei Cavalieri (Ospitalieri) situato nella contea di Tripoli sul fiume Oronte (ritenuta inespugnabile),In pratica sia come titoli e sia come possedimenti territoriali sotto il suo controllo, aveva molto più potere e godeva di maggior prestigio del re di Gerusalemme.

Tancredi era ritenuto sia dai cronisti dell'epoca che da molti storici moderni e contemporanei un prode guerriero, un vero nobile normanno, astuto, avido, ambizioso, duro, austero, di poche parole, una furia in combattimento, distinguendosi in diverse operazioni belliche nel corso della I Crociata a fianco di Boemondo e anche per conto suo con le sue truppe. Divenne una figura di spicco, egemone, prestigiosa non solo tra i nobili latini ma anche tra i principi mussulmani che ne avevano rispetto, finché mori all'età di 50 anni nel 1112 probabilmente di tifo.

Il perché mi soffermerò a lungo su di lui emergerà in seguito alla vostra paziente lettura.

Leggendo svariati testi sulle crociate in mio possesso, per estrarre informazioni sulla partecipazione degli aleramici di Monferrato alle stesse, mi sono imbattuto in parecchie citazioni di Tancredi d’Altavilla come figlio di un certo Oddone di Monferrato (in altre versioni riportato come Oddone Bonmarchis, il Buon marchese o Marchisius, Odobono o Odone Bono, ecc., quasi tutti lo riportano come fosse appartenente alla dinastia dei di Monferrato, alcuni autori si limitano invece a definirlo un principe piemontese, cosa peraltro impropria in quanto all'epoca l'area geografica in oggetto era definita “Lombardia” e lombardi i suoi abitanti),il quale sarebbe stato marito di Emma d’Altavilla sorella di Boemondo principe di Taranto e d’Antiochia.

Stante le premesse sopra riportate, sapendo che i marchesi di Monferrato che hanno partecipato alle Crociate sono tutti ben identificati e la Terra Santa avrà loro portato gloria e onori (moderatamente, peraltro) ma non certo fortuna e ricchezza, semmai il contrario, essendo la partecipazione alle crociate assai dispendiosa e avendo trovato essi la morte in tempi relativamente brevi (oltre a Guglielmo il Vecchio, e i suoi figli Corrado e Guglielmo detto Lungaspada, rammentiamo anche i marchesi morti nei Balcani dopo la IV Crociata, per regnare, difendere o recuperare il regno di Tessalonica, come Bonifacio I e il figlio Guglielmo VI),ho subito pensato che tale personaggio, praticamente ignoto alla storiografia ufficiale, appartenesse probabilmente al casato aleramico del Vasto-Savona, come Adelaide o Adelasia del Vasto o di Savona (sono sempre molteplici i modi in cui i cronisti e gli storici identificano gli stessi personaggi, creando nei profani, ma anche tra gli addetti ai lavori, una certa confusione),che molti ancora oggi definiscono impropriamente Adelasia di Monferrato, sposa del granconte Ruggero I di Sicilia e madre di Ruggero II. Personaggio femminile di primaria importanza e valore, una delle più ricche e potenti donne della sua epoca (reggente del regno di Sicilia e regina di Gerusalemme, portando in dote al regno crociato ben nove navi cariche d'oro e pietre preziose),di cui accennai nella prima parte della stesura.

Quindi se le cose stessero veramente così, il celebre Tancredi sarebbe per metà di sangue aleramico o addirittura di Monferrato, se ci accontentassimo di superficiali e approssimative attribuzioni storiografiche.

Trovandomi in difficoltà e non peccando di orgoglio, ho ritenuto opportuno richiedere collaborazione all'amico Manfredi Lanza, che alcuni tra voi rammenteranno, essendo stato un coautore della rubrica storica su Casale news. L'ho interpellato in quanto storico dinastico degli aleramici discendenti dai del Vasto, essendo lui un discendente dei Lancia poi divenuti Lanza, che hanno seguito Adelasia del Vasto in Sicilia quando andò in sposa al granconte Ruggero I e assunsero col tempo l’investitura di decine di feudi e titoli anche principeschi nell’isola fino all’Età Moderna, ma si è trovato anche lui spiazzato.

Ho coinvolto anche il noto e stimato medievista Aldo Angelo Settia, che ringrazio per la sollecita risposta, ma che purtroppo come temevo, non ha potuto fornirmi alcun apporto, essendo specializzato sulla storia degli aleramici di Monferrato e non sulle altre dinastie.

Espongo in seguito una sintesi di quanto ho potuto appurare in un vero e proprio calderone di notizie approssimative e contrastanti, emerse dai vari testi da me posseduti e consultati e dalle numerose interazioni con Manfredi Lanza.

- In uno dei testi consultati, “Tancredi” principe di Antiochia risulterebbe figlio di Emma e di un Eude (cioè pur sempre Oddone, ma in versione francese del nome, e siccome i normanni recatisi in Meridione d'Italia erano linguisticamente francofoni – non farebbe automaticamente pensare agli aleramici). Se non che il Lanza si è poi imbattuto in un “Oddone” detto il Buon Marchese, uomo d’arme (sec. 11°-12°),di origine piemontese, venuto nel Mezzogiorno d’Italia al seguito di Adelaide moglie di Ruggero, granconte di Sicilia, che sposò una sorella di Boemondo di Taranto, dalla quale ebbe Tancredi, il famoso crociato”.

- In un altro testo consultato è emerso che è esistito un Ottone (Oddone) di Sicilia o Odobono o Odone Bono, marchese in Sicilia (Odo Bonus Marchisius),che avrebbe preso valida parte alle ultime fasi della campagna normanna di conquista dell’Isola sugli arabi (come comandante in capo delle truppe normanne del granconte Ruggero) e risultava documentata in particolare la sua presenza nell’isola negli anni dal 1094 al 1097. Non solo il suo nome personale, ma soprattutto la qualifica attribuitagli di “marchese” (estranea alla Sicilia e al costume normanno) ha indotto diversi autori a reputarlo un aleramico, da cui la supposizione (molto probabilmente errata) di Monferrato. E in questo caso, sarebbe certamente approdato nell’isola al seguito di Adelaide di Savona (Del Vasto). Risulta, però, coniugato con una certa Sichelgaita (dal nome germanico si tratta molto probabilmente di una longobarda del sud Italia). Avrebbe avuto prole, ma su di essa non si sa nulla.

Che il marchese fosse un aleramico non credo possano sussistere dubbi, sono troppi gli indizi a favore di questa tesi, a partire dal nome Oddone o Ottone da cui Odone riportato nei testi antichi, nome tipicamente aleramico, e poi il titolo nobiliare di marchese, tipico del nord Italia, estraneo ai normanni che erano conti, duchi o principi. Inoltre sappiamo, come ho ancora ribadito nella prima parte di questo saggio, che al seguito di Adelaide del Vasto, oltre a diversi componenti del suo gruppo famigliare, nei decenni successivi decine di migliaia di migranti lombardi (come venivano chiamati all'epoca),provenienti soprattutto dai feudi aleramici piemontesi e liguri, che si stima in numero di circa 100mila, sbarcarono in Sicilia sicuramente in seguito ad accordi pianificati coi normanni, per insediarsi in vastissime zone insulari orientali dal Tirreno allo Ionio.

- Il Lanza mi riferisce inoltre di un altro Odobono, forse appartenente al casato aleramico degli Incisa, che in quell’epoca era presente in Puglia, quindi anch’esso sotto il dominio dei normanni, in tal caso più prossimo ai possedimenti dei principi Boemondo di Taranto e di Tancredi. Probabilmente questi due Odobono sono stati confusi tra loro, in quanto i casi di omonimia erano abbastanza frequenti, anche se come nome doveva essere alquanto insolito all'epoca e in quelle contrade e non dovrebbe favorire sovrapposizioni e fraintendimenti, oppure sono stati commessi errori di identificazione e collocazione geografica di uno stesso individuo, facendone sorgere due, mentre in realtà il personaggio è unico e si era semplicemente e temporaneamente spostato.

(Fine terza parte – continua)

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